La Regione Emilia-Romagna imprime un’importante accelerazione sulla transizione energetica, in particolare per dare impulso alla produzione di energia rinnovabile.
La Giunta regionale ha infatti approvato nuove norme che semplificano l’iter necessario all’avvio degli impianti solari e dettano indirizzi attuativi in particolare sull’utilizzo delle ex cave da applicare a tutte le istanze di nuova presentazione.
Arpae, l’Agenzia regionale per la prevenzione ambientale e l’energia, darà vita a una nuova struttura operativa interna per assicurare uniformità e coordinamento nell’applicazione delle disposizioni sull’intero territorio regionale.
Arrivano dunque specifiche Linee guida per favorire l’installazione di impianti fotovoltaici sulle aree di cava dove si è conclusa l’attività estrattiva; i nuovi impianti fino a 20 MW connessi alla rete elettrica di media tensione potranno partire con una semplice comunicazione: lo stesso nelle zone industriali e commerciali, oltre che su discariche non più attive.
Nelle cave dismesse “riutilizzate” come bacino idrico, le nuove norme regionali consentono l’istallazione di impianti fotovoltaici “flottanti”, cioè galleggianti. Si fissano però alcuni paletti di tutela ambientale da rispettare. La superficie dell’invaso occupata non può però superare il 50% dell’estensione dello specchio d’acqua; i pannelli devono concentrarsi in maggior parte al centro del bacino per non ostacolare la nidificazione e lo svezzamento dei volatili, che avviene lungo le rive; non è possibile posizionarli dove si registrano meno di 3 metri d’acqua, perché i volatili procacciano il cibo in particolare in acque poco profonde.
Per le ex cave ritornate all’uso agricolo, invece, è previsto l’agrovoltaico con tecnologie innovative come il montaggio verticale di moduli, anche bifacciali o elevati da terra, dotati di inseguitori solari. La struttura portante dell’impianto deve comunque consentire il passaggio dei mezzi agricoli per la coltivazione.
Impianti a terra sono infine consentiti nelle cave abbandonate, così come in quelle ripristinate ad uso agricolo a condizione che l’area non risulti coltivata. Per quelle coltivate, è confermato il limite del 10% di utilizzo dell’area agricola se la stessa risulta coltivata.
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