Comunità energetiche: in Italia sono 168 le configurazioni attive

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Ad oggi sono 168 le configurazioni attive in Italia tra comunità energetiche e autoconsumo collettivo, con un incremento dell’89% rispetto al 2023. È uno dei dati emersi dall’Electricity Market Report 2024 dell’Energy&Strategy presentato questa mattina al Politecnico di Milano. Le regioni che risultano più attive sono Piemonte, Lazio, Sicilia e Lombardia che, insieme, contano 80 iniziative (il 48% del totale).

Tuttavia, secondo quanto emerge dal report, l’impatto di queste configurazioni risulta al momento ancora limitato, perché si tratta in larga parte di realtà che hanno una forma societaria piuttosto semplice (associazioni nel 50% dei casi) e che funziona con impianti di piccola taglia. La potenza media degli impianti fotovoltaici è in leggera crescita (da 55 kW nel 2023 a 60 kW nel 2024), ma gli impianti oltre i 200 kW coprono solo il 34% del totale, con una presenza rilevante (23,5%) di piccoli impianti con potenza inferiore a 30 kW.


Nella maggior parte delle configurazioni analizzate dal report (38%), il promotore è un ente pubblico che fornisce spazi per l’installazione degli impianti e supporta l’aggregazione dei membri, allo scopo di ridurre le spese, aiutare le famiglie in situazioni di disagio economico e finanziare progetti sul territorio. In questo stesso tipo di modello ricadono anche iniziative promosse da altri soggetti, come enti del terzo settore e cooperative sociali. L’altra parte rilevante (21%) è costituita dalle iniziative promosse da soggetti specializzati, mentre solo una parte minoritaria (9%) è costituita da iniziative promosse inizialmente da privati cittadini.

«La vera sfida per la diffusione su larga scala delle comunità energetiche è legata alla loro sostenibilità economica», dichiara Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy. «Le analisi condotte all’interno del rapporto, e basate sulla valutazione delle diverse possibili configurazioni, mostrano come essa sia fortemente connessa alla capacità di condividere energia, con valori che cambiano radicalmente quando si supera il 70% di energia condivisa. È questo quindi un fattore chiave nella fase di progettazione e disegno della CER, che tuttavia richiede anche la capacità di ingaggiare non soltanto il numero, ma anche la tipologia di partecipanti corretta».

Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy, ha aggiunto: «C’è poi da tenere in considerazione il fatto che i ritorni sono comunque piuttosto limitati, nell’ordine delle migliaia di euro lungo la vita dell’iniziativa. Sono numeri che quindi vanno letti come aggiuntivi rispetto alla realizzazione di un impianto che avrebbe comunque la possibilità di esistere in modalità stand alone, mentre è più difficile immaginare realizzazioni che nascano solo ed esclusivamente al servizio della comunità, a meno che non prevalgano finalità sociali o di contrasto alla povertà energetica che pongono in secondo piano gli aspetti commerciali».

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